Spazio e difesa così Rina punta quota 2 miliardi

L’obiettivo è il raddoppio del fatturato entro fine decennio con crescita organica e m&a

In 160 anni di storia una società si trasforma, affina i propri obiettivi, spesso cambia proprietà e a volte il settore in cui opera. Per Rina è stato così, o quasi. Perché del Registro Italiano Navale, da cui viene scorporata nel 2000, eredita le competenze, il savoir faire e la dedizione allo shipping (la nautica), settore da cui tutto è iniziato. Rina viene costituita a inizio millennio dal Registro che vi trasferisce tutte le sue attività per adempiere a una nuova normativa europea. Fino ad allora operava in monopolio come società di classifica, ovvero quella che valuta e certifica la qualità, la sicurezza e la conformità tecnica delle navi in base a norme e standard internazionali. Per la neocostituita i primi tempi sono stati duri: su di essa pesava una causa per inquinamento che aveva portato l’azionista a valutarne la cessione gratuita. «Sono stati i dipendenti a opporsi, chiedendo che gli venisse data una nuova possibilità». A parlare è Ugo Salerno, oggi presidente esecutivo di Rina ma che, dal suo arrivo in azienda nel 2002 fino al 2023, ha ricoperto il ruolo di amministratore delegato. «Ci siamo dovuti rimboccare le maniche, prima per ricostruire una reputazione all’epoca ai minimi storici e poi per rimettere in piedi la società dal punto di vista finanziario». Per risolvere le controversie legali ci sono voluti quasi 10 anni, durante i quali Rina è cresciuta, passando da 90 milioni di ricavi nel 2002 a oltre 200 nel 2011. «Per competere con i rivali, molto più grandi di noi, abbiamo capito che dovevamo diversificare le nostre attività. E così abbiamo comprato una società genovese specializzata nella consulenza ingegneristica che fatturava un quarto di quanto facevamo noi», ricorda Salerno. Così nasce un altro segmento del gruppo, che presto verrà impreziosito da un centro di ricerca. Negli anni le competenze si ampliano al campo dell’energia, delle infrastrutture e del real estate. Mentre il giro d’affari aumenta tra acquisizioni e crescita interna, a livello societario avvengono alcuni passaggi chiave: il management acquista il 5% dell’azienda con un investimento complessivo di 6 milioni di euro e, a distanza di qualche tempo, Registro Italiano Navale decide di aprire il capitale a un fondo che rimarrà socio per qualche anno. «Quel primo aumento ci ha consentito di fare un’acquisizione nel Regno Unito e migliorarci nel campo delle reti elettriche», prosegue Salerno. A fine 2023 la compagine sociale cambia ancora, con l’ingresso del Fondo Italiano d’Investimento, partecipato da Cdp, e oggi titolare del 33% del capitale, mentre il controllo rimane saldo nelle mani del Registro Italiano Navale (66%). Viene nominato un nuovo ad, Carlo Luzzatto. Oggi Rina conta 6.400 dipendenti in 70 Paesi e punta a chiudere il 2025 superando il miliardo di fatturato. La soglia sarà raggiunta grazie a una corposa crescita interna, in doppia cifra, ma anche con l’aiuto di qualche acquisizione su cui il gruppo sta già lavorando. «La nostra storia è ricca di m&a e continuerà a esserlo. Vogliamo rafforzarci nei settori in cui crediamo di poter avere un ruolo importante, come il mondo dell’underwater, dello spazio o della difesa, con una particolare attenzione ai software, ai satelliti e alla cybersicurezza. Guardiamo a diverse opportunità di taglia medio-piccola, in Italia ma soprattutto nell’Europa del Nord e negli Stati Uniti». È recente l’acquisizione di Foreship, società finlandese specializzata in consulenza nel settore dell’ingegneria navale e meccanica. Seguendo questa traiettoria, il gruppo prevede di traguardare i due miliardi di giro d’affari entro la fine del decennio. Da allora la struttura societaria potrebbe essere mutata nuovamente. «Una volta conclusa la nostra avventura con il Fondo Italiano d’Investimento, un’opzione potrà essere la Borsa», confessa Salerno. «In precedenza, abbiamo già accarezzato l’idea, ma eravamo convinti che servisse una taglia maggiore per poter essere valutati correttamente. D’altra parte, i capitali non sono mai mancati e molti attori si sono dimostrati interessati a investire in Rina. Come soci di minoranza, si intende, perché il controllo resta al Registro, di cui è presidente Paolo d’Amico, e non ha nessuna intenzione di perderlo. Neanche dopo un’eventuale quotazione».

Fondo Italiano d’Investimento SGR

Nata nel 2010 su iniziativa del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) e partecipata da CDP Equity, Intesa Sanpaolo, UniCredit, Fondazione ENPAM, Fondazione ENPAIA, ABI, Banco BPM e BPER Banca, Fondo Italiano d’Investimento SGR ha come principale obiettivo la gestione di fondi mobiliari chiusi dedicati a far confluire capitali verso il sistema delle imprese italiane d’eccellenza, coniugando finalità di ritorno sul capitale investito, in linea con i benchmark internazionali, con quelle di sviluppo del sistema produttivo italiano. Fondo Italiano gestisce 21 fondi di investimento mobiliari chiusi riservati a investitori qualificati, per oltre 4 miliardi di euro e opera attraverso investimenti diretti e indiretti (fondi di fondi). Fondo Italiano considera la sostenibilità un valore fondamentale ed è impegnata a integrare i criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) nelle proprie attività di investimento.

Per ulteriori informazioni

Roberto Travaglino

Fondo Italiano d’Investimento SGR

+39 02 63532 208

roberto.travaglino@fondoitaliano.it

Thanai Bernardini

Ufficio stampa esterno

+39 335 7245418

me@thanai.it

Alessandro Bozzi Valenti

Ufficio stampa esterno

+39 348 0090866

alessandro.valenti@thanai.it