Rina e Progetto Hydra, nel 2026 parte la sperimentazione sull’acciaio pulito

Nuovo Open Innovation Hub a Roma per sviluppare tecnologie AI nell’industria Progetto europeo di ricerca coordinato da Rina nel suo Centro Sviluppo Materiali

Lo stato di avanzamento di Hydra, il nuovo Open Innovation Hub di Roma e lo sviluppo di tecnologie AI nei settori industriali. Sono questi i temi salienti toccati nell’incontro con i vertici di Rina Consulting, società di consulenza ingegneristica del Gruppo RINA. In particolare Hydra, progetto europeo di ricerca e innovazione coordinato proprio da Rina nel suo Centro Sviluppo Materiali (Csm) di Castel Romano per contribuire alla decarbonizzazione dei settori “hard to abate”, con un focus specifico sull’industria siderurgica, si concretizzerà nella progettazione e realizzazione di una “mini acciaieria” che punta a sperimentare l’idrogeno in ogni fase del ciclo di produzione dell’acciaio. La struttura sarà composta da un impianto di riduzione diretta del minerale di ferro (Dri) attraverso l’utilizzo di idrogeno quale agente riducente e da un forno elettrico. L’impianto pilota consentirà di studiare e mettere a punto innovative pratiche operative, a disposizione degli acciaieri italiani ed europei, a supporto del loro percorso di decarbonizzazione produttiva. L’investimento stimato è di circa 110 milioni, grazie a finanziamenti Pnrr e al sostegno del Ministero delle Imprese e del Made in Italy. L’impianto pilota di Hydra entrerà in funzione a metà 2026. Più in generale, come raccontato dall’ad di Rina Consulting, Michele Budetta, il Csm si occupa di trasformare idee innovative in soluzioni tecnologiche da applicare poi su scala industriale. Il Centro è partito storicamente dallo studio dell’acciaio per allargarsi via via ad altri settori quali energia, infrastrutture di mobilità, scienza dei materiali, Aerospazio e Difesa. Quando nacque nel 1861, e per più di un secolo, il glorioso Rina (Registro Italiano Navale) aveva un compito quasi notarile: certificare che le navi che solcavano il Mediterraneo fossero sicure, solide, degne di fiducia e Genova, culla di mare e cantieri, era il luogo naturale per un organismo di questo tipo. La svolta arriva nei primi anni Novanta, quando il vento delle liberalizzazioni arriva anche in Italia. Le riforme volute da Pier Luigi Bersani, allora ministro dell’Industria, aprono alla concorrenza una serie di mercati fino a quel momento protetti o gestiti da enti pubblici. Tra questi, il delicato settore delle certificazioni di qualità. Per il Rina è una grande occasione di diversificazione: l’esperienza nelle ispezioni e nei controlli può trasferirsi anche alle imprese manifatturiere, energetiche, alimentari. D’improvviso non ci sono più solo navi da certificare, ma anche fabbriche, linee di produzione, impianti industriali, ponti, gallerie, turbine eoliche, satelliti e perfino reti digitali e infrastrutture sensibili. A partire dal duemila inizia così una stagione di acquisizioni che permetterà di costruire competenze nuove tra cui l’espansione nel testing dei materiali avanzati. Oggi Rina è una multinazionale tascabile che fattura un miliardo di euro, investe in ricerca e innovazione circa 100 milioni l’anno ed è presente ovunque ci sia bisogno di certificare, testare, validare o progettare qualcosa che deve resistere nel tempo. Dai “gemelli” digitali agli studi sull’idrogeno verde, dalla sicurezza delle piattaforme offshore alla valutazione dell’impatto ambientale delle nuove linee ferroviarie e delle infrastrutture viabilistiche. Gli ingegneri Rina, negli undici laboratori del Csm, studiano così i metalli e i loro comportamenti, svolgono prove meccaniche e di corrosione, ad esempio per capire come rendere meno inquinante il traffico marittimo, come far viaggiare un treno a batterie lungo una dorsale europea, come costruire una galleria che resista non solo al peso dei veicoli ma al tempo, allepiogge, ai terremoti. Non solo. Nei suoi uffici, sparsi in oltre settanta Paesi, lavorano 6.600 addetti (per metà in Italia e per metà all’estero). L’80% della platea professionale è composta da laureati e, di questi, il 90% in materie Steam. Sempre ieri, Rina ha presentato l’Open Innovation Hub di Roma, che ha sede nel complesso di Castel Romano. L’Hub punterà a promuovere, anche attraverso partnership strategiche, lo sviluppo di nuovi servizi studiando materiali, processi e soluzioni basate su AI, e la realizzazione di dimostratori su scala industriale.

Fondo Italiano d’Investimento SGR

Nata nel 2010 su iniziativa del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) e partecipata da CDP Equity, Intesa Sanpaolo, UniCredit, Fondazione ENPAM, Fondazione ENPAIA, ABI, Banco BPM e BPER Banca, Fondo Italiano d’Investimento SGR ha come principale obiettivo la gestione di fondi mobiliari chiusi dedicati a far confluire capitali verso il sistema delle imprese italiane d’eccellenza, coniugando finalità di ritorno sul capitale investito, in linea con i benchmark internazionali, con quelle di sviluppo del sistema produttivo italiano. Fondo Italiano gestisce 21 fondi di investimento mobiliari chiusi riservati a investitori qualificati, per oltre 4 miliardi di euro e opera attraverso investimenti diretti e indiretti (fondi di fondi). Fondo Italiano considera la sostenibilità un valore fondamentale ed è impegnata a integrare i criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) nelle proprie attività di investimento.

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